Perché non sono animalista

Rimango sempre sconcertata dalla rabbia e l’odio feroci dei cosiddetti animalisti verso gli uomini. 

Premessa doverosa: per animalista non intendo chi ama gli animali perché amare la vita in tutte le sue forme è prerogativa della persona normale, sana e integra sia psicologicamente che spiritualmente. In realtà diffido di tutti gli “ismi” (che spesso sono   deterioramenti dei concetti di partenza e che esprimono  un estrem-ismo che non promette nulla di buono) mentre amo tutte le forme di vita, da quella animale (in cui siamo compresi anche noi) a quella vegetale.

Altra piccola premessa: amore è innanzitutto rispetto ed è globale e incondizionato (non sono capace di amare se nel mio cuore c’è posto per l’odio).

Ritorno ora all’episodio che mi ha ispirato a mettere per iscritto queste considerazioni: mi è capitato recentemente di leggere un post in un gruppo su FB, che ha come slogan “amore per la vita”, in cui si parla della “casa degli orrori” dove un uomo aveva seviziato e ucciso dei gatti. 

Ma più della notizia in sé mi hanno colpito i commenti da: “fosse successo a me lo andavo a prendere a casa e gli sfondavo zigomi e ginocchia con un martello da muratore”a “Io amo la violenza contro gli essere umani, non me ne frega niente sono troppo "evoluti" per somigliarmi anche lontanamente ad animali innocenti quindi ribadisco si potrei tranquillamente uccidere qualcuno” . 

Ho commentato notando che è nella violenza che nascono certe azioni per cui reagire con violenza e incitare alla violenza è una palese approvazione della stessa (e dell'orrore). 

Dopo altri commenti dello stesso tenore richiamavo gli amministratori del gruppo. 

La risposta di uno di loro è stata “Il gruppo si chiama Amore per la vita E VA INDIFESA DI CHI SOFFRE e sì, anch'io potrei fare molto molto male a chi toccasse chiunque ami.”

 Mi sono naturalmente cancellata dal gruppo. 

(Chi fosse interessato a leggere tutti i commenti del post citato può farlo qui:

https://www.facebook.com/groups/Amoreperlavita/684878524920624/?notif_t=group_activity)

 

Ma mi sembra importante fare qualche riflessione che forse non piacerà a tutti ma ritengo doverosa: una cosa è il sentire e vivere etico, altra il sentimentalismo superficiale che si ammanta di amore ma nasconde in realtà una patologia di tipo narcisistico-infantile. 

E’ noto che tutti i bambini si identificano negli animali (Walt Disney lo sapeva bene). Il mondo animale è infatti dotato di un'intelligenza di tipo  istintivo, non intellettualizzata e non razionale,   molto vicina al bambino, per cui la  comunicazione fra questi due mondi (bambino e animale) avviene attraverso canali empatici ed extraverbali comuni ad entrambi.

E’ noto inoltre che il bambino piccolo, per esempio di un anno di età, è intollerante a qualsiasi frustrazione e non potendosi difendere in altro modo reagisce a questa con scoppi di rabbia estrema e odio totalizzante (ricordiamoci che il bambino funziona con la modalità del tutto o niente) e  feroce verso l’aggressore o presunto tale.

Ed è proprio l’identificazione con l’animale e la proiezione su quest’ultimo delle proprie parti fragili e sofferenti, unite all’impulso rabbioso tipico del bambino di un anno, che generano reazioni come quelle riportate:  persone che evidentemente sono rimaste fissate in questa modalità difensiva patologica  basata sull'onnipotenza grandiosa della fase narcisistica.

Naturalmente altrettanto patologico è l’agire di chi infierisce con crudeltà e sadismo su animali indifesi, o di chi semplicemente guarda con indifferenza e assoluta incapacità di empatia alla sofferenza di questi stessi animali con pseudo-giustificazioni del tipo “sono solo animali” e nulla fa per esimersi dall’assunzione della propria parte di responsabilità   (anche rispetto a comportamenti socialmente approvati quali un’alimentazione di tipo onnivoro,  scelta dell’abbigliamento con capi in pelle  ecc. che presuppongono la sofferenza animale).

L’ironia è che gli animalisti mettono in atto gli stessi meccanismi difensivi della persona insensibile, e cioè identificazione nell’animale e proiezione delle parti fragili di sé, a cui però la persona insensibile aggiunge la negazione della sofferenza (proprio perché non è in grado di tollerarla in sé e quindi nelle proprie parti proiettate).

 Il “torturatore” invece sostituisce la classica identificazione (nell’animale) con l’identificazione nell’aggressore, che è una delle armi più potenti (nonché patologiche) dell'Io per gestire gli oggetti esterni generatori di angoscia:infatti in questo modo l’individuo tiene sotto controllo la paura e il timore nei riguardi della figura esterna, trasformandosi da colui che viene minacciato in colui che minaccia.

In definitiva se l’animalista non tollera vedere un animale che soffre proprio perché si identifica in lui proiettando le proprie parti fragili e sofferenti in esso, quello “estremo” vi aggiunge la rabbia e la volontà di morte dell’aggressore.

Al contrario l’adulto sano mai si sognerebbe di apportare sofferenza ad un animale ma con altrettanto senso di empatia non l’apporterebbe a nessun altro essere vivente per quanto “cattivo” (altro sarebbe naturalmente approvare il comportamento crudele di un uomo verso l’animale o anche un altro uomo). 

Ma la capacità di discernere tra non infierire con altrettanta violenza sull’aggressore e giustificare tali atti è propria solo dell’adulto sano e integro nelle proprie capacità morali e intellettuali.

 

Scala dei meccanismi di difesa, sempre inconsci, citati (tenendo presente che ho naturalmente esemplificato per non appesantire il tutto e renderlo fruibile a chi non è esperto di psicoanalisi):

Identificazione nell’animale (bambino)

Proiezione di certe parti di sé intollerabili nell’animale stesso (bambino e adulto affetto da narcisismo patologico)

Negazione(adulto insensibile alla sofferenza degli animali)

Identificazione con l'aggressore (adulto crudele verso gli animali).  

Quando si mettono poi insieme la proiezione di parti di sé nell’animale + la rabbia onnipotente infantile + la negazione (della sofferenza dell’altro, in questo caso uomo) abbiamo come risultato l’animalista che vuole uccidere chi fa del male a un animale (un po’ come gli antiabortisti che si dichiarano difensori della vita e … uccidono il medico abortista!) 

Insomma queste anime sensibili e buone vorrebbero reintrodurre tortura e pena di morte per chi commette il reato di crudeltà verso gli animali.

Per concludere: l’adulto sano, etico, responsabile si interroga invece di volta in volta sul comportamento adeguato in ogni situazione e si mette in relazione empatica con tutti gli esseri viventi, tentando di rispondere alle stimolazioni dell’ambiente sempre all’insegna del rispetto profondo che a tutti è dovuto, assassini compresi, pur rimanendo ferma la propria condanna verso gli atti distruttivi ed escogitando e mettendo in atto strategie per evitare che questi vengano reiterati.