Il lavoro dello psicoanalista in fin dei conti è fare da specchio all'altro sostenendolo continuamente durante il percorso di rivelazione a se stesso.
Rivelazione che spesso può essere scioccante per la persona in questione.
Vedersi improvvisamente come cattivi, bugiardi, infingardi, egoisti ecc. ecc. quando per tutta la vita ci si è crogiolati in un'immagine di sé, che nel migliore dei casi era di essere vittima di altrui ingiustizie e negli altri di un essere superiore alle persone da cui è circondato, può essere talmente rivoltante da accecare completamente la persona in questione.
Tanto da impedirle di continuare il percorso di conoscenza e accettazione di sé e bloccandolo in uno stadio a metà molto pericoloso proprio perché risultato improvviso e instabile di una serie di dinamiche non attentamente valutate ma scaturite da alcune circostanze impreviste e non volute.
Questo non accade quasi mai all'interno di un percorso analitico, o comunque terapeutico, ma può accadere nella vita di tutti i giorni.
In questo caso la persona mette in atto meccanismi di difesa non evoluti quali la negazione e la proiezione (nei casi più gravi l’identificazione proiettiva).
Ma quanta fatica fanno queste persone per mantenere una maschera sul proprio volto!
Una maschera che serve sì per affascinare gli altri con cui si relazionano ma soprattutto per proteggere il proprio sé fragile e immaturo che non reggerebbe al crollo della propria immagine narcisistica.
Non una di quelle frivole o preziose maschere veneziane che hanno la funzione di ingannare gli altri.
Ma una maschera di ferro forgiata da tempo immemore sul proprio volto e che non si può né togliere con un gesto della mano né strappare impunemente con un atto di forza, cosa quest’ultima che straccerebbe e disintegrerebbe anche il volto reale fatto di pelle carne muscoli e ossa.
Solo un Maestro forgiatore di metalli nel proprio laboratorio alchemico può con pazienza e maestrìa sciogliere il ferro senza intaccare la pelle del volto e portare a compimento l’Opera.
Il problema è che oggi le maschere di Maestro sono quelle più facilmente in vendita sui banchi del mercato ed è difficilissimo, anche per chi è onestamente alla ricerca di sé, non incappare nelle loro reti e nei loro incantesimi.
Inoltre questo pericolo incombe anche sul Maestro in questione, maschera fra le maschere, che, come la maggior parte dei contemporanei, spesso ne indossa una fatta di merletti preziosi su quella consolidata di ferro.
Dedico queste parole a quello che è stato un vero Maestro, Jung,  e che ha superato di gran lunga il proprio Maestro che pure lo aveva traghettato nel terreno infido dell’inconscio.
E ricordo ancora una volta che persino un percorso spirituale non può portare all’elevazione se prima non si è passati per un percorso psicologico fatto di sottrazione di quanto più territorio possibile all’inconscio affinché questo non possa sopraffarci in un momento di fragilità o distrazione.
Infatti noi uomini siamo come una piramide laddove la base è rappresentata da un corpo. Corpo di cui dobbiamo avere cura tenendo a bada gli istinti più pervertiti che travalicano la loro funzione originaria di essere al servizio della sopravvivenza spesso in modo più che imbarazzante (pensiamo soprattutto ai 2 vizi capitali lussuria e gola).
La parte centrale della piramide è rappresentata dalla psiche che dobbiamo nutrire con pensieri elevati ed emozioni alte (da non confondere con la sdolcinatezza in cui spesso si voltola la newage) confrontandoci come detto sopra con i mostri e i fantasmi che vi albergano e di cui non sempre siamo consapevoli ma li proiettiamo sugli altri.
E sopra, in cima alla piramide, alberga lo spirito, collegato direttamente al divino.
E qui mi taccio.
Il dramma è che oggi molti si definiscono come esseri su un percorso spirituale senza aver fatto minimamente nessuno sforzo per preparare il terreno del soma e della psiche, sottovalutandone la straordinaria importanza.